Mi viene da pensare che, forse, nonostante le evidenze, qualche italiano creda che esista ancora l’impero romano. Non si spiegherebbe altrimenti la convinzione radicata nella nostra mente che chiunque all’estero capisca la nostra lingua, sia essa verbale che “gesticolata”.

Prima di tutto, non tutte le strade portano a Roma: ci sarà sempre qualcuno che non è lontanamente in grado di intuire ciò che stiamo dicendo o cercando di comunicare.In secondo luogo, è (altamente) possibile che la comunicazione col nostro interlocutore non sia del tutto efficace e che si fraintenda gran parte di ciò che si è detto. Eppure, se non si riesce a esprimersi a parole, è credenza comune che si trovi sempre un modo o l’altro per farsi capire. Niente di più sbagliato.

Ho visto alcuni italiani presentarsi agli uffici turistici di Stoccolma e chiedere (in italiano) se c’era qualcuno lì che parlasse la sua lingua, così da poter ricevere informazioni. Esperienza unica e irripetibile vedere le signorine di turno rispondere con un “No” secco e rendersi conto che, chiaramente, la cosa doveva accadere spesso se tutti questi svedesi – che non parlano un’acca della nostra lingua – riescono a comprendere la frase “C’è qualcuno che parla italiano?” e rispondere tempestivamente alla domanda.

Ora, in quelle occasioni, l’italiano medio si trova di fronte una persona estremamente seccata della solita domanda ripetuta all’infinito e che, nonostante l’espressione inequivocabile stampata sul viso, non riesce comunque a comunicare alla persona che ha davanti – e che continua a parlare una lingua incomprensibile imitando con le mani le mosse di un strano ballo di gruppo egiziano – che, forse, è il caso che si sposti, almeno momentaneamente, dato che non c’è soluzione apparente all’incomprensione linguistica.

Ecco perché, se non si parla affatto nessuna lingua straniera, è buona cosa portare con sé qualcuno che parla almeno inglese o prenotare una guida turistica locale che parli italiano, così da avere sempre un punto di riferimento in caso di problemi o di emergenze.

Se ci si sposta dalle “capitali del turismo” addentrandosi nel cuore di un Paese straniero, è possibile che si verifichino delle situazioni di ordinaria follia in cui le parole di uso comune in ambito turistico e internazionale suonino agli occhi dei locals come formule magiche recitate in una strana lingua simile all’elfico arcaico. Succede in tutto il mondo. Ed è venuto il momento di sfatare qualche luogo comune e darvi degli utili consigli di viaggio, tra cui l’importanza di saper parlare una lingua straniera quando si va all’estero.

È vero che spostandosi da Stoccolma capita di trovare qualche buontempone che (finge di non capire o proprio) non capisce la parola “hotel”, neanche se gliela scrivete, o ignora il significato della mano a borsa portata alla bocca per dire che si ha fame e pensa che gli state dando del pazzo. Se non parlate affatto la lingua del Paese che state visitando, un dizionario tascabile potrebbe risolvere questo tipo di problema, almeno nella maggior parte dei Paesi. Ma ogni Paese ha la sua lingua e le sue usanze, per cui è quasi inevitabile che si creino incomprensioni.

Ad esempio, se provate a chiedere un J&B in Spagna, il ragazzo al bar strabuzzerà gli occhi scuotendo la testa, perchè non capisce che cosa volete da bere. È buona norma, prima di partire per un viaggio, imparare almeno l’alfabeto della lingua parlata nel paese che si visita. In questo caso, infatti, sarebbe logico chiedere un J&B con la pronuncia giusta, ossia “jotabé“.

La stessa cosa può succedere anche con il cibo quando si chiede, ad esempio, un hamburger in Inghilterra. Come tutti sanno, infatti, l’italiano è una lingua fonetica (la famosa regola del “si pronuncia come si scrive”), ma è quasi unica nel suo genere. L’inglese, sicuramente, non lo è. Ecco perchè la nostra pronuncia del nome della polpettona svizzera non corrisponde affatto a quella britannica “hembarga(r)” e perchè, di conseguenza, non sapremo mai cosa ci porteranno da mangiare a tavola se non impariamo a pronunciare i nomi dei cibi correttamente.

Altri problemi potrebbero verificarsi coi mezzi di trasporto o durante l’acquisto dei souvenir. Nei Paesi di lingua tedesca, per esempio, se dovete chiedere al negoziante che i vostri acquisti sono regali per amici e parenti, è meglio non dire “Gift”. La parola, che in inglese corrisponde all’italiano “regalo”, in tedesco si traduce con “veleno”. I casi più eclatanti di incomprensione di questo tipo si sono verificati con l’acquisto di birra tedesca ad alta gradazione alcolica da parte di minorenni in gita scolastica (e c’è voluto un po’ per spiegare alla polizia locale che non c’era niente di male nel bere una birra “gift”).

Perché, chiaramente, finchè siamo a casa nostra va tutto bene. Sono gli stranieri che, come dei robot, dovrebbero farsi impiantare nel cervello il programma per parlare perfettamente l’italiano. Ma quando noi andiamo all’estero, non pensiamo mai a quanto sia importante esprimersi e farsi capire il più correttamente possibile.

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